Il Comune di Longi con il 92% di raccolta differenziata e solo 18 kg/ab di produzione di rifiutati indifferenziati il comune più riciclone della Sicilia.
Nel 2020 la provincia di Messina si ferma al 38% della raccolta differenziata con un incremento di quasi 6 punti rispetto al 2019 ma i primi dati parziali del 2021 indicano un ulteriore incremento che porterebbe l’intera provincia a sfiorare il 50%, premiando il passaggio del servizio di raccolta al porta a porta da parte di tutti i Comuni messinesi, compresa la Città metropolitana di Messina.
Longi si conferma il Comune più riciclone della provincia e dell’intera regione con il 92% di raccolta differenziata e con una produzione pro capite di rifiuti indifferenziati di 19Kg. Complessivamente, nel 2020, 30 comuni – tutti al di sotto dei 15 mila abitanti – si sono attestati sopra al 65% di raccolta differenziata. Mentre sono solo 8 i comuni Rifiuti Free che hanno una produzione di rifiuti indifferenziati inferiore a 75 Kg abitante.
Sono questi i dati presentati all’EcoForum sui rifiuti e l’economia circolare organizzato a Barcellona Pozzo di Gotto nell’ambito della 3^ edizione di Sicilia Munnizza Free, il progetto di Legambiente per liberare la Sicilia dai rifiuti per un avviarla verso l’economia Circolare.
L’incremento della raccolta differenziata, se da una parte si è tradotto in un aumento dei contributi riconosciuti ai comuni da parte del Conai, dall’altra parte, come è stato segnalato dagli interventi dei sindaci intervenuti, i comuni sono stati costretti a accollarsi gli alti costi per il trattamento dell’organico a causa della mancanza di impianti dedicati nella provincia, come il caso del Comune di Acquedolci che ha dovuto conferire l’organico raccolto in Piemonte.
Una criticità – denunciano le SRR – dovuta ai ritardi della Regione per la definizione delle procedure autorizzative, come nel caso dell’impianto in project financing per il trattamento dell’organico e la produzione di biogas previsto a Mazzarà Sant’Andrea e per il quale da quasi un anno si è in attesa della convocazione di un tavolo tecnico da parte della regione, o come nel caso dell’impianto di biodigestione anaerobica in contrada Mili a Messina. E questo nonostante siano previste procedure semplificate per la realizzazione di impianti pubblici.
“Il quadro che emerge dai nostri EcoForum provinciali”- dichiara Tommaso Castronovo, coordinatore di Sicilia Munnizza Free e responsabile rifiuti ed economia circolare di Legambiente Sicilia – nei quali presentiamo i progetti industriali, pubblici e privati, di trattamento dei rifiuti differenziati descrive come in ogni provincia non mancano di certo le proposte anche tecnologicamente avanzate ma sembrerebbe che per nessuno di questi vengano rispettati i tempi autorizzativi previsti dalle norme nazionali e regionali.
È un dato di fatto – conclude Castronovo – che nel 2017 gli impianti per il trattamento dell’organico erano 14, di cui 6 pubblici, e nel 2021 gli impianti operativi sono addirittura 12, che hanno trattato poco meno di 300.000 tonnellate di Forsu rispetto al fabbisogno annuo del 2020 di oltre 460.000 tonnellate”.
“Purtroppo nonostante le promesse iniziali del governo Musumeci – dichiara Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia – il sistema di gestione del ciclo dei rifiuti continua a reggersi ancora sulle discariche pubbliche e private, gli unici impianti che sono stati realizzati negli ultimi 4 anni come quelli di contrada Timpazzo di Gela, di contrada Borranea di Trapani e la VII vasca di Bellolampo a Palermo. Mentre abbiamo bisogno di impianti a servizio della raccolta differenziata per recuperare materia ed avviarla al riciclo, come ci chiede l’Europa e il nuovo modello di economia circolare e non di impianti che, invece, la seppelliscono o la bruciano come le discariche e i termovalorizzatori. Prospettare ai Sindaci e alle SRR, come sta facendo la Regione, la soluzione degli inceneritori per risolvere il problema della gestione del secco residuo è solo ingannevole, poiché oltre ad essere un investimento oneroso sia per il pubblico che per il privato, che verrebbe pagato comunque dalle tasse dei siciliani con costi di conferimento di 200€/t, ci vorranno non meno di 7 -10 anni per la loro realizzazione e di fatto impedirebbe il raggiungimento gli obiettivi selettivi e sfidanti di riciclo previsti dalle direttive europee sull’economia circolare.”
All’EcoForum sono state illustrate le buone pratiche del comuni nell’ambito del compostaggio domestico e di comunità di Acquedolci e Taormina e start up dell’economia circolare come quella promossa da Fondazione di Comunità di Messina e da Ecosmed nel comune di Roccavaldina che, attraverso il recupero e la riqualificazione di alcuni capannoni industriali abbandonati, insedierà una realtà produttiva che punterà a valorizzare le trebbie di scarto prodotte dalla lavorazione della birra al fine di produrre bioplastiche e a dirigerà l’attenzione a percorsi di inclusione sociale e lavorativa di persone fragili.