Le imprese aderenti a Fipe Sicilia, la federazione dei pubblici esercizi, spegneranno le insegne dalle ore 20 di giovedì 15 settembre. Lo faranno “per protestare contro il caro bollette che sta mettendo in ginocchio la maggior parte delle attività, alcune delle quali hanno deciso di chiudere mentre la maggior parte si è vista costretta a rimodulare la propria operatività, serrando i battenti a pranzo, ad esempio, o tagliando parte del personale.
“Ogni giorno che passa, man mano che arrivano le varie bollette – ha spiegato il presidente di Fipe Sicilia, Dario Pistorio – il comparto va sempre più in tilt. In pochi, con questi chiari di luna, se la sentono di andare avanti. Le nostre stime? Parlano della chiusura in Sicilia di circa 4000 attività nel settore somministrazione con la perdita del lavoro per poco meno di 12mila persone. Insomma, un disastro”.
La Fipe fa anche delle proposte al futuro governatore siciliano.
“Essendo la Sicilia produttore di energia – afferma l’associazione – è auspicabile uno scontro immediato su tutti i costi statali, accise e quant’altro. Chiediamo di abbassare il costo dei prodotti petroliferi alla pompa di distribuzione ma anche di istituire un tavolo di crisi. E’, inoltre, da valutare la possibilita’ di spostare i pagamenti di tutti i prestiti con le banche a 30 anni, tipo prestiti di guerra, perche’, per l’appunto, è come se ci trovassimo in guerra. E, ancora, sollecitare un aiuto agli istituti di credito affinche’ si carichino l’onere delle ultime quattro bollette per pagarle a trent’anni”.
“Avremo – conclude il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti – default aziendali con indebitamenti di aziende che sono uscite dalla pandemia con difficoltà. Ma, soprattutto, subiremo il ritorno a una nuova regressione da cui difficilmente verremo fuori in tempi brevi. Insomma, ci confronteremo con una crisi di lunga durata e per di più imprevedibile. Una crisi da cui la Sicilia uscirà fuori, quando ne uscirà, con le ossa rotte”.