È attesa per oggi pomeriggio al Tribunale di Patti la sentenza del ‘Maxiprocesso della mafia dei Nebrodi’ che vede alla sbarra 101 imputati. Il collegio del Tribunale di Patti, presieduto da Ugo Scavuzzo con i giudici a latere Andrea La Spada ed Eleonora Vona, si sono ritirati dallo scorso 24 ottobre. Un processo che molti definiscono ‘storico’, il più importante nel messinese dai tempi di Mare Nostrum. Per i 101 imputati la Procura ha chiesto la condanne per quasi mille anni di carcere e 30 milioni di euro di confische. Alla sbarra la cosiddetta ”Mafia dei pascoli” e quel sistema attraverso cui la criminalità drenava milioni di euro di contributi europei destinati ai terreni agricoli garantendosi linfa finanziaria. Un meccanismo i cui ingranaggi furono fermati dal protocollo di legalità Antoci. Era stato proprio l’ex Presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, a firmare il protocollo che ha di fatto danneggiato la ‘mafia dei pascoli’. Il “Protocollo Antoci” fu poi recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015. Il protocollo è stato ideato per porre un freno alle truffe ai danni dell’Unione Europea, obbligando le aziende che vogliono affittare i terreni del Parco a fornire il certificato antimafia dalla prefettura, non potendo più autocertificarsi per bando con importi inferiori a 150mila euro. Il Maxiprocesso dei Nebrodi scaturisce dall’operazione del 15 gennaio 2020 denominata “Nebrodi” con 94 arresti e il sequestro di 151 aziende agricole per mafia, una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più imponente, sul versante dei Fondi Europei dell’Agricoltura in mano alle mafie, mai eseguita in Italia e all’Estero. L’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, oggi Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto, ha rischiato la vita nell’attentato del 2016 dal quale si è salvato grazie all’auto blindata e al violento conflitto a fuoco ingaggiato dai poliziotti della sua scorta, tutti promossi per merito straordinario e medaglia al valore. L’inchiesta Nebrodi della Dda di Messina, guidata fino a poche settimane fa dal Procuratore Maurizio De Lucia oggi alla guida della Procura di Palermo, ha messo a nudo gli interessi dei mafiosi che nei fondi pubblici hanno trovato ormai da tempo un nuovo business con meccanismi sempre più raffinati che il protocollo Antoci evidentemente non è riuscito a interrompere del tutto ma ha dimostrato alle vittime ”che si possono fidare dello Stato”.